Il prossimo mese si ricorderanno i 100 anni dalla nascita di don Lorenzo Milani, uno di quegli uomini che, “Per le sue scelte nette e coerenti, le sue rigide prese di posizione, il linguaggio tagliente e preciso, la sua logica stringente di ragionare e argomentare, si tirava facilmente addosso grandi consensi o grandi dissensi con schieramenti preconcetti che hanno spesso offuscato la sua vera dimensione (Michele Gesualdi, allievo di don Milani)”. Non è un personaggio che torna spesso alla ribalta della cronaca, anche se molti sono i suoi estimatori, specie per il suo modo di intendere l’insegnamento. Noi a Carmagnola abbiamo addirittura una scuola elementare intitolata al “Priore di Barbiana” che proprio quest’anno (guarda i casi della vita) festeggerà i 50 anni dalla fondazione.
Proprio pensando a come “rivalorizzare” sulle pagine del nostro Corriere la figura di don Lorenzo in questo anno di commemorazione, mi sono venute in mente alcune sue frasi che cerco di attualizzare nella nostra realtà carmagnolese. Una di queste famose frasi, che fin da ragazzo mi aveva impressionato e che mi è tornata in mente in questi mesi in cui i politici carmagnolesi di destra e di sinistra, hanno ritenuto che non fosse necessario incontrarsi in Consiglio Comunale per discutere di “politica” in città: “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia”. L’ultimo Consiglio Comunale infatti risale al 20 dicembre 2022 e oggi, dopo la richiesta ufficiale dei Consiglieri di opposizione, si svolgerà il 28 aprile.
Può sembrare una “formalità”, ma è la sostanza che questo vuoto di discussione politica mi lascia perplesso. Infatti se andiamo a leggere il Regolamento del Consiglio Comunale (che si trova sul sito del Comune) si trova che: “I Consiglieri hanno diritto di iniziativa su ogni argomento di competenza del Consiglio Comunale. Possono presentare proposte di deliberazione, interrogazioni, interpellanze, mozioni, ordini del giorno su argomenti che riguardano direttamente le funzioni di indirizzo e di controllo politico – amministrativo del Consiglio e le altre competenze allo stesso attribuite dalle Leggi e dallo Statuto, nonché istanze per l’esercizio delle funzioni di sindacato ispettivo” (art.12 comma 1 e 2) e che il “Consiglio Comunale svolge funzioni di indirizzo, di controllo ed ha competenza esclusiva nelle materie attribuitegli dalla Legge.
L’indirizzo politico-amministrativo viene esercitato attraverso l’adozione degli atti amministrativi fondamentali di carattere normativo, programmatorio, organizzativo, negoziale e gestionale, nonché degli atti fondamentali assegnati al Consiglio dalla legge, dallo Statuto e dal regolamento” (art.17 comma 1 e 2)”. Chi ha partecipato a qualche seduta del Consiglio Comunale, sa bene che non sempre si riesce a cogliere questi principi nelle parole e negli atti di questa importante assise politica cittadina. Ma vorrei riprendere alcune parole che i nostri amministratori nei decenni hanno inserito in questo regolamento: indirizzo, controllo, atti amministrativi fondamentali. Parole che sembrano oggi non contare più. Certo, chi frequenta il centro cittadino si è reso conto che per alcuni assessori piazza sant’Agostino è diventata il proprio ufficio, oppure per alcuni i social sono diventati lo strumento fondamentale dell’agire e del dialogo con il popolo. Già perché non conta il dialogo, l’interloquire, il discutere anche animatamente su questioni “fondamentali” anche con chi la pensa diversamente.
Oggi quello che conta è il proclama. Si ha la verità in tasca e quello che conta è decidere, fare, anche senza uno scopo preciso. Ciò che conta è emergere dal proprio orticello per poter mettersi in mostra. Oppure, come avviene per l’opposizione, consolarsi con “tanto non ci considerano”, senza lottare per poter far valere la propria capacità di “controllo politico e amministrativo”. Ma l’altra frase che ho ricordato anche in prima pagina è “L’obbedienza non è più una virtù”. Don Lorenzo scrive ai giudici che lo accusano di apologia di reato: “L’obbedienza non è l’unico modo di amare la legge. Lo è anche cercare di cambiarla, se non tutela i più deboli”. Il priore aveva difeso l’obiezione di coscienza, scrivendo a un gruppo di cappellani militari che l’avevano definita vile e anticristiana.
La lettera costerà a don Milani un processo e la condanna postuma. Il sacerdote di Barbiana si rivolge direttamente ai giudici e, a proposito dell’obbedienza e del suo ruolo di insegnante, dice: «Non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo d’amare la legge è d’obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate». Ed è proprio quello successo a Carmagnola in piazza Antichi Bastioni.