Ho voluto dedicare la prima pagina alla strage di Steccato di Cutro, per dare il nostro piccolo contributo di solidarietà a questa tragedia del mare che ha per l’ennesima volta coinvolto i più poveri del mondo. Ma l’abbiamo anche voluta per dire grazie al Presidente Mattarella che ha rappresentato tutta l’Italia portando il cordoglio alla bare delle vittime. L’unico politico che senza grandi parole ha portato la solidarietà di tutti noi alle vittime, quasi a testimoniare come in questi momenti così drammatici non servono tanto i proclami o le promesse a vuoto, ma la solidarietà e il silenzio.
Ma in questo editoriale voglio soffermarmi sulla lettera che ha scritto una preside di un istituto superiore di Firenze, Annalisa Savino, ai suoi studenti dopo che un gruppo di destra, Azione Studentesca, è stato protagonista dell’aggressione verso alcuni studenti di un liceo della città. E vi spiego perché ho voluto riportarla. Quest’anno ricorrono i 100 anni della nascita di don Lorenzo Milani, il prete di un piccolo borgo in collina sopra Firenze, dove nel 1954 viene inviato dalla Curia visto che era un pò troppo vicino agli emarginati e ai poveri. Sono stato alcuni anni fa a Barbiana, un posto bellissimo ma in cui non vi è nulla. Don Milani inizia a prendersi cura dei bambini che per tanti motivi venivano respinti dalla scuola di allora e crea la “Scuola di Barbiana”.
La storia è lunga e vi invito ad andare a leggerla e noi del Corriere in questo anno cercheremo di raccontarla un pò per volta. Ma, per ritornare alla lettera della Preside Savino, voglio ricordare un libro scritto da don Milani nel 1967 “Lettera ad una Professoressa” in cui il pre[1]vosto fiorentino esprime tutta la sua contrarietà ad una scuola che preferiva puntare sui bambini ricchi e agiati ed emarginare i bambini poveri che avevano maggiori difficoltà. Un libro che ha suscitato un mare di polemiche ma che è servito a cambiare la visione della scuola italiana.
Sul muro della scuola di Barbiana gli studenti avevano scritto un motto in inglese: “I care”, che significa mi interessa, mi assumo la responsabilità. E oggi mi piace ricordare questo motto per evitare di dimenticarlo. L’altro motivo è la bella lettera che i famigliari del professor Sergio Magagna hanno voluto donare a tutti i nostri lettori.
Il prof. Sergio ha insegnato per tanti anni a Carmagnola e molti sono stati i suoi studenti, ma in pochi hanno conosciuto le sue vicende di quando, studente universitario, era stato portato in un campo di concentramento. Una testimonianza forte che ci fa capire come, anche nella nostra città, sono stati molti quelli che hanno sofferto per colpa dei fascisti e dei nazisti, e questo non esiste revisionismo storico che lo possa confutare. Un dramma che il prof. Sergio si è portato dentro per tutta la vita e che ha sicuramente cambiato la sua vita e la sua visione della realtà.
Quindi proprio ripensando a don Milani e al professor Sergio, mi ha rattristato sentire le parole del ministro dell’istruzione e del merito Giuseppe Valditara: anziché condannare con fermezza l’aggressione degli esponenti di Azione Studentesca e anziché esprimere solidarietà nei confronti degli studenti aggrediti, se la prende con la preside per la lettera inviata agli studenti e alle loro famiglie, minacciando provvedimenti disciplinari. Una specie di monito per tutto il mondo della scuola, quasi a certificare che certe cose la scuola non le deve, non solo dire, ma manco pensare, altrimenti ci saranno conseguenze poco piacevoli. La scuola dovrebbe insegnare alle nuove generazioni quello che è stato il passato per poter creare una nuova coscienza e una nuova consapevolezza per un futuro diverso. Don Milani sottolineava proprio questo concetto: “Io maestro sono accusato di apologia di reato cioè di scuola cattiva.
La scuola invece siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi” per poter dare una speranza al futuro. Una speranza che il ministro Valditara ha minato con il suo intervento. Ed è per questo che ho voluto riportare la lettera della preside Savino, per dare il mio piccolo contributo affinchè questa speranza non muoia e che anche sui muri delle scuole di Carmagnola e di tutta Italia possa comparire, come avevano fatto i ragazzi di Barbiana il motto “I care” perchè queste due parole possano diventare le parole per una scuola diversa e un futuro diverso: più umano e solidale.