Avevo scritto un editoriale in occasione della “Giornata Mondiale della Libertà di Stampa”, soffermandomi nuovamente su quanto sia difficile essere giornalisti e non “divulgatori” oggi in Italia e a Carmagnola. Poi confrontandomi in redazione, è emerso un altro importante tema che in questi giorni popola il dibattito sociale italiano e che avrebbe meritato una riflessione in merito.
Un grande dibattito che si è amplificato dopo l’intervento del cantante Fedez al concertone del primo maggio. Ma ancora più polemiche sono nate dopo la pubblicazione on line che lo stesso rapper ha diffuso sui suoi canali social a proposito del tentativo da parte di alcuni dirigenti della Rai di “addolcire” il suo intervento sul palco che durava circa 7 minuti.
L’artista milanese dal palco della manifestazione del primo maggio ha letto i nomi e i cognomi di alcuni politici leghisti che si sono espressi contro gli omosessuali, prendendo una chiara posizione nei confronti del “decreto Zan”. Ma che cos’è questo decreto? Il disegno di legge Zan, che prende nome dal deputato del Partito democratico Alessandro Zan, primo firmatario del testo, indica una serie di “misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.
Nel disegno di legge, in particolare, si interviene su due articoli del codice penale (il 604-bis e il 604-ter) sui reati di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa. Al momento le pene per questi reati prevedono il carcere fino ad 1 anno e 6 mesi o una multa fino a 6.000 euro in caso di discriminazione: per i casi di violenza (o istigazione alla stessa) è prevista la reclusione da 6 mesi a 4 anni. Di fatto, quello che propone il ddl Zan è di aggiungere alle discriminazioni per motivi di razza, etnia e religione quelli riguardanti appunto il sesso, genere e identità di genere, orientamento sessuale, e disabilità.
Allo stesso tempo punta ad ampliare la cosiddetta legge Mancino del 1993 modificandone un articolo che affronta le discriminazioni razziali, etniche e religiose: allo stesso modo, a queste verrebbero aggiunte quelle già citate per sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Su questa proposta di legge, attualmente ferma in Parlamento, si è fatto un gran parlare e molte voci si sono levate pro o contro questo ddl: secondo i detrattori la legge mette in pericolo la libertà di parola. Molti personaggi, specie della destra oltranzista e del cattolicesimo ortodosso, hanno il timore che se passasse questa proposta si avrebbe una riduzione della “libertà di espressione”, giustificando la non necessarietà della proposta di Zan affermando che le tutele contro questi tipi di reati sono già previste nel nostro ordinamento giuridico.
Il testo della legge è disponibile on line e invito tutti ad andarlo a legge e a cercare di farsi un’opinione corretta leggendo il testo originario prima dei commenti e delle opinioni. Ma la domanda che mi sorge a questo è: ma perchè scagliarsi tanto contro un decreto legge se alla fine tutti dichiarano che oggi, nel 2021, è giusto condannare tutte le discriminazioni. Come pure non sembra che questa legge possa essere un “bavaglio alle idee” di chi la pensa diversamente, ma prevede che a essere punito sia solo chi commette atti discriminatori o di violenza e chi istiga a commettere tali atti, non certo chi esprime le proprie opinioni. Negli ultimi anni l’utilizzo di parole d’odio, specie online, è diventato un fenomeno dalle proporzioni preoccupanti.
Secondo alcuni studi infatti quando personaggi influenti adottano linguaggi d’odio, incoraggiando forme di violenza e discriminazione, questo fenomeno può portare anche a gravi conseguenze per le vittime. Perchè non prendere provvedimenti seri per questi personaggi che si comportano in questo modo e che ogni giorno compaiono su tv e canali social? È veramente la legge Zan il problema, o sono alcuni attori politici e sociali che forse portano avanti comportamenti riconducibili a discriminazione, violenze e crimini correlati in ragione dell’identità di genere e all’orientamento sessuale che hanno paura di rischiare grosso?
Quello che sarà di questo decreto che in molti stati democratici è già in vigore e non ha portato nulla di quanto paventato dai detrattori di questa legge, lo vedremo nei prossimi mesi, ma una cosa è certa: uno Stato deve tutelare tutti i suoi cittadini, di qualunque fede e orientamento sessuale, ma deve porre anche un fermo stop a tutti coloro che incitano all’odio e alla violenza, sia fisica e psicologica contro uomini e donne per ragioni fondate sul sesso, sul genere, sul loro orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità. Oggi questo non dev’essere più permesso in uno Stato che si definisce democratico.