PRALORMO – Danilo Crepaldi è uno scrittore pralormese che tratta libri in ambito calcistico. Lo possiamo definire un vero nostalgico degli anni ’80 e’90, che ha potuto rievocare con dote e passione le grandi gesta delle squadre balcaniche che segnarono un’epoca. Di una soprattutto: la Stella Rossa di Belgrado. La sua attenzione narrativa si è poi anche spostata verso personaggi carismatici del gioco del pallone dell’ex Jugoslavia. Il quarantaduenne (figlio d’arte, non per la scrittura in questo caso, ma per il calcio, in quanto portiere come il padre e il nonno nei dilettanti), lo scopriamo in una circostanza curiosa. È infatti amico dell’ attuale allenatore della Cld Caramagnese Marco Grosso, che ha voluto consigliarcelo e raccomandarcelo. Crepaldi evidenzia nei suoi tanti libri già pubblicati una certa predilezione e conoscenza per il calcio balcanico, ma anche per quello sovietico di un tempo.
«Sono sempre attratto dall’Est Europa, dalla sua storia e dalla cultura, soprattutto della regione balcanica. – ammette Crepaldi – Essendo nato da una famiglia di calciatori, ho unito questa passione, che definirei un richiamo per l’ Europa orientale, al gioco del calcio. Il calcio che è sempre stato un mio compagno fedele, che mi è sempre stato al fianco e mi ha regalato gioie e dolori. Dolori che sono stati lezioni di vita e mi sono anche serviti per crescere e per diventare la persona che sono oggi, chiaramente con i suoi pregi e difetti».
«L’amore per il calcio slavo – precisa ancora il pralormese- nasce in una serata del marzo del 1987. In quella stagione sportiva quasi tutte le squadre italiane erano uscite dalle coppe europee, noi in famiglia siamo juventini, quell’anno la Juve uscì contro il Real Madrid. Io e mio papà eravamo quindi alla disperata ricerca di una partita da guardare nel mercoledì di Coppa. All’epoca c’era una tv, Tele Capodistria, emittente jugoslava, che aveva anche un canale italiano che copriva tutta la penisola. Quella sera trasmettevano dal Rajko Mitic Stadium, meglio noto come “Marakana”, la diretta di Stella Rossa – Real Madrid. Per me bambino quel Real Madrid non era una squadra, era “la squadra” più forte che esistesse e che tifavo, quindi io fui contento di vederlo in televisione. Ma, in quell’incontro, la Stella Rossa fece una partita stratosferica. Stojkovic, Mrkela e compagni rasero letteralmente al suolo il Real vincendo 4-2, facendo una partita straordinaria. Da quel momento cominciai a seguire al sabato il calcio jugoslavo sempre su Tele Capodistria, dato che il canale trasmetteva le varie partite di campionato in cui militava la squadra biancorossa. Non persi alcuna partita e, dopo la divisione della Jugoslavia, seguii le varie nazionali nate dal dissolvimento dello Stato, era un calcio che mi aveva sempre attratto».

Ora una sua analisi su quello che fu il calcio sovietico:« Questo tipo di calcio mi prendeva un po’ meno rispetto al balcanico. Quando ero piccolo la prima Juventus, cui mi sono affezionato, fu quella dell’ ’89- ’90, che vinse la Coppa Uefa e la Coppa Italia e schierava due miei idoli; il bielorusso Sergej Aleinikov e Oleksandr Zavarov. Io stravedevo soprattutto per quest’ultimo, secondo me era un grande giocatore. Ci rimasi male però nel vederlo rendere come avrebbero voluto lui e la stessa Juventus. In età adulta, a proposito di questa storia, dopo che mi documentai sui fatti della caduta dell’Unione Sovietica, del governo di Gorbaciov e della Perestrojka, decisi di scrivere il libro e dedicarlo a Zavarov intitolandolo “Storia di un campione triste”. Mi era venuta la voglia di andare a fondo di questa storia e descrivere quello che fu un talento, arrivato terzo nella classifica del Pallone d’oro, diventato capocannoniere della Coppa delle Coppe e voluto da tutte le squadre europee. Non mi capicitavo perchè avesse avuto tutte queste difficoltà in Italia. Purtroppo i suoi problemi qui da noi furono non solo di tipo tecnico e tattico. Tra l’altro Zavarov fu il primo giocatore sovietico della storia ad arrivare in Italia e si trovò in un mondo del tutto nuovo e fu l’ultimo a sapere di essere ceduto dalla Juventus in un secondo momento. Il possibile erede Platini fallì, ma Gorbaciov vedeva in lui l’immagine del cambiamento sovietico nei confronti degli USA, infatti fu ribattezzato il “nipote prediletto” della Perestrojka. Il suo carattere chiuso pesò molto. Lui quando giocava in Unione Sovietica, per andare a Kyev prendeva liberamente l’autobus, invece alla Juve fu sempre assediato dai tifosi che volevano delle foto. Non si sentiva più libero di fare cose semplici rispetto alla sua terra».

Infine alcuni suoi aneddoti del libro “Pallone entra quando Dio vuole” di Vujadin Boskov, il grande compianto allenatore della Sampdoria dello scudetto : « Un preambolo. Il mio primo libro si chiama “Dal Kick al Tika Taka” pubblicato da Streetlib, poi sono uscite altre due altre opere: “Footballslavia” e “Figli della Jugoslavia”. Da questo momento ebbi un “colpo di fortuna” venendo in contatto con Borislav Vegezzi. Facendo delle ricerche su di lui,, scoprii essere il nipote del grande e compianto allenatore Vujadin Boskov. Gli dissi che mi sarebbe piaciuto scrivere una biografia su suo nonno. Ci sentimmo quindi via Skype,il nipote risiede ora a Santiago del Cile. Vegezzi mi mise poi in contatto con sua mamma, la signora Aleksandra Boskov, la figlia di Vujadin. Quando le ho parlato di questo progetto, lei ne fu subito entusiasta e mi aiutò in tutti i modi nel realizzare il libro, mettendomi in contatto con persone che furono vicine a Boskov per dare originalità e forma al libro. Parlai con i ragazzi della Samp d’oro, la sua Sampdoria dello scudetto: Gianluca Vialli, Gianluca Pagliuca, Attilio Lombardo, Luca Pellegrini, Fausto Pari e Dusan Savic ex giocatore di Boskov allo Sporting Gijon e moltissime altre persone. Ho proposto questo libro a Urbone Publising, una casa editrice medio-piccola, la quale ha accettato con entusiasmo l’idea e ha lanciato l’opera, che a oggi è la prima biografia ufficiale riconosciuta dalla famiglia Boskov in Italia e la seconda a livello europeo. Ce n’è un’altra scritta nella versione serba dal titolo “Vujke”, scritta da Miroslav Gavrilovic, grande amico di Boskov, che ringrazio anche per l’aiuto nella stesura del mio libro. Successivamente ho tenuto delle presentazioni dello stesso libro in giro per la penisola: Genova, Milano, Ascoli Piceno e Gallipoli per una Fiera letteraria, denominata “Liberlibri”, in quest’ultima presentazione ho incontrato lo storico secondo di Boskov ad Ascoli e Napoli, Aldo Sensibile il quale aveva collaborato alla stesura del mio libro. Lo stesso vice allenatore di Vujadin aveva un amico, il giornalista del quotidiano nazionale “Corriere dello Sport” Ludovico Malorgio, che aveva un contatto con l’ex juventino Alejnikov. Quest’ultimo a sua volta mi fece parlare con Zavarov, che avrei poi raccontato nell’opera “Storia di un campione triste”, uscita proprio la settimana scorsa. Speriamo con lo stesso riscontro del libro di Boskov, che offre molte curiosità sul personaggio, tra cui tre sue presunte date di nascita e ovviamente quella vera scoperta attraverso le testimonianze dei familiari».

Sul futuro letterario di Crepaldi: «Ho due progetti, una biografia dell’ex numero.10 della Jugoslavia, di Stella Rossa e Olimpique Marsiglia Dragan Stojkovic e Valerij Lobanoskij, ex tecnico dell’Unione Sovietica e Dinamo Kyev. Poi, dovessi scrivere un libro su un personaggio del calcio italiano sceglierei di narrare del mio amico Aldo Sensibile, molto raccontato, già, nel libro di Boskov, che giocò nel Nord e Sud Italia ed ha allenato l’Ascoli proprio dopo Boskov. Quell’Ascoli che espugnò nell’86-87 il campo del Milan, alla prima di Berlusconi da presidente».