Le fake news, ai tempi del coronavirus, sembrano ormai essere all’ordine del giorno. Dai finti messaggi audio sulle condizioni di lavoro all’interno degli ospedali o addirittura dei singoli pazienti alla presunta notizia di un dispiegamento di soldati dell’esercito sul territorio nazionale, dal consiglio fai da te di combattere il contagio attraverso l’assunzione di acqua e bevande calde o di vitamina C, considerata alla stregua di un farmaco, alla bufala della sanificazione con elicotteri.
Tutti messaggi allarmistici, diffusi sui social e sulle chat telefoniche a macchia d’olio, nonostante la pronta smentita degli organi d’informazione e di competenza. Colpiti dalle fake news soprattutto i gruppi di Whatsapp, in cui è più facile far arrivare comunicazioni erronee, che vengono poi ricondivise dai partecipanti della chat alla rete di contatti degli stessi, senza gli opportuni controlli.
Il risultato è quindi una condizione di allarmismo collettivo, una catena di comunicazioni che spaventano e disinformano la popolazione rispetto alla reale situazione degli eventi, che spingono gli interessati a rivolgere richieste assurde a numeri che, al contrario, dovrebbero servire per le emergenze.
Ma le fake news sono difficili da debellare e, spesso, hanno la meglio sulla buona e corretta informazione, diventando fenomeni virali, in pochissimo tempo. Non sono esenti dal “contagio” da fake news i social, che, con i loro meccanismi, consentono la trasmissione immediata, a migliaia di utenti, di avvisi e comunicazioni.
Come riconoscere dunque una falsa notizia da una vera? Non sempre è facile dirlo. Spesso i messaggi risultano così realistici da indurre in errore, da confondere anche il lettore più attento. Tuttavia, per la maggior parte, si tratta di notizie poco attendibili, tendenti al catastrofico, all’esagerazione, al ridicolo.
E proprio la scarsa veridicità di queste comunicazioni dovrebbe indurre l’utente a porsi delle domande, a informarsi altrove. Non solo tramite i post sui social, non su Whatsapp.
“La situazione sta degenerando in una follia collettiva – spiega l’assessore ai Servizi Digitali, Matteo Marnati -. Circolano sul web messaggi catastrofici che mettono in difficoltà medici e strutture sanitarie. Pertanto, abbiamo deciso, anche su sollecitazione della stessa Polizia presso l’Assessorato, di inviare, d’ora in poi, tutti i messaggi considerati falsi e allarmistici direttamente all’autorità giudiziaria per le indagini del caso”.
E nemmeno Carmagnola, in tutto ciò, è stata risparmiata dal “fenomeno bufale”, combattendo tra inutili allarmismi (come quello lanciato da un’insegnante della zona che, senza un apparente motivo, ha falsificato il titolo di una nota testata nazionale, incorrendo nella denuncia del sindaco Ivana Gaveglio e scatenando il panico da contagio tra i cittadini) e messaggi audio, circolati su Whatsapp, di presunti medici della rete dell’AslTo5, poi smentiti.
L’invito è, in definitiva, sempre lo stesso: “Prima di condividere, verificate le fonti e non credete a tutto ciò che circola on line” – sottolinea Marnati.
Perché come le scope non stanno in piedi da sole un solo giorno all’anno, così il coronavirus non si debella con la falsa informazione.